31 mag 2020

LA VERITÀ È UNA

« conoscerete la verità e la verità vi farà liberi »
 (Giovanni 8:32) 

(...) “Questa è una mela. Chi non è d'accordo può anche andarsene” disse Tommaso d'Aquino mentre prendeva posto alla lunga cattedra elevata da una pedana di poco più grande. Ed io per l'onestà intellettuale che da sempre mi danneggia, dovetti uscire dall'aula. A malincuore, però, poiché sapevo che mi sarei perso quella che prometteva d'essere una audienza di eccezionale interesse. Ma tant'è! Quel suo incipit m'aveva subito tagliato fuori dalla discussione. Sempre che in quell'aula ce ne sia stata una e che non si sia trattato invece d'un monologo di tre ore. Tre ore che attesi che trascorressero seduto sul bordo della fontana nel chiostro da cui potevo qui e lì percepire non più di un rombo illeggibile della sua voce tremolante e perentoria allo stesso tempo. 

Se ci avesse dato però facoltà di confutazione, da parte mia gli avrei detto che un dubbio, almeno uno, che quella non fosse una mela avrebbe dovuto concederlo, concedermelo. Gli avrei chiesto infatti di lasciarmela osservare da vicino quella mela, per sincerarmi che non fosse di marzapane o, che so io, di legno. Una scultura insomma. Ad un suo corrucciamento gli avrei ricordato come l'apostolo suo omonimo così si fece santo. Volendo toccare con mano sua e vedere con gli occhi suoi per ammettere che la vita non muore ed in questo è il nostro gemello. 

A ciò d'Aquino m'avrebbe risposto che anche si fosse trattato d'una mela di zucchero era pur sempre una mela nella forma e che dunque avrei dovuto accettare comunque la sua visione. E in fondo e avrebbe avuto ragione lui.  Perché è così che è; esiste solo ciò che percepiamo al nostro intorno e di cui riconosciamo l'essenza iconica. O ciò che accettiamo come unica verità possibile non essendocene un'altra neppure impossibile. O che accettiamo di codificare in un certo modo. Perché così vogliamo. Per ignavia, forse.
Quindi una mela, se decidiamo di darle quel nome, di qualsiasi materia essa sia fatta, è comunque una mela. 

Ma tutto ciò non avvenne e questa breve conversazione rimase imbrigliata nella mia testa mentre ascoltavo la voce della fontana.
Infatti, non appena poggiò la mela sul tavolo dinnanzi al piccolo resto di pubblico ora che io ero uscito dall'aula trovò tutti concordi. Ma s'erano fermati alla prima immagine e non avevano capito che si trattava d'una radiolina. Questa è la magia di cui siamo volontariamente spettatori. Perché siamo sciocchi. O forse, al contrario, troppo consumati dal sapere.  
(...)


Quando seppi della sua morte mi recai al cimitero di Tula a trovare le sue spoglie terrene a cui avrei reso omaggio di un cesto di mele verdi. Gli avrei detto, l'avessi ritrovato in vita “di che colore sono queste mele? sono verdi?” e avrei atteso la sua risposta - ponderatissima certamente - con un ghigno dovuto all'attesa del momento della mia risposta spiazzante. L'avrei certamente lasciato di stucco e invece scoprii che la sua tomba era stata distrutta e i suoi resti gettati nell'ossario comune. 
Non avrebbe creduto che si trattasse d'un cesto di mele verdi per un motivo molto semplice. Che non sto qui a dirvi. Forse potete anche immaginarlo da soli.
(...)


Manfredi Beninati © Tutti i diritti riservati/All rights reserved

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