18 mar 2017

AUGUSTO E LA MONETA FIAT

Spero d’esser io stesso in grado di perdonarmi l’audacia d’essermi imbarcato in un compito così tanto più grande di me, volendo quì ricordare (ed offrire lo spunto per una discussione su) un fatto storico d’importanza assoluta che, pur riguardando molto da vicino i fatti economico-finanziari che noi tutti (specialmente italiani e mediterranei d’oggi) stiamo dovendo affrontare nostro malgrado, sembra esser stato dimenticato dagli storiografi e dagli studiosi d’economia più attenti.

Sto parlando di quell’esperienza monetaria di cui la Roma augustea d’oltre duemila anni fà si rese protagonista, per necessità, attraverso il conio della moneta fiat. Idea ingegnosissima dell’imperatore romano (Augusto, appunto) che di seguito proverò ad esporvi e che, se si potesse attuare oggi (cosa che dipende esclusivamente dalla nostra volontà politica), risolverebbe tutti i problemi economici e sociali che stanno impoverendo la nostra società.

“Proverò ad esporvi”, dico, poichè la mia conoscenza in campo economico oltrechè storiografico è pressocchè nulla. Ciononostante, non avendo trovato neppure sull’onniscente internet alcuna esposizione chiarificatrice di come funzionò la prima esperienza dell’antesignana di ciò che oggi chiameremmo moneta legale, ho deciso d’intraprendere questa rischiosa avventura sperando che più avanti qualche volenteroso conoscitore dell’argomento mi venga in soccorso.

La storia che ho sentito racconta più o meno che Augusto (passato alla storia come uno dei, se non il, più grande riformatore di tutti i tempi) trovandosi ad amministrare un impero ogni giorno più vasto e, conseguentemente, disomogeneo (soprattutto in termini infrastrutturali) e dovendo trovare le risorse necessarie per “romanizzare” territori distanti che ospitavano culture tanto diverse tra loro e da quella illuminata dell’Urbe, decise di abbandonare la tradizione del conio di monete in metalli prezioni a favore di altre nuove fatte di metalli comuni e di poco valore come il ferro, il rame o il nichel ed, al contempo, di ridurne le dimenzioni così da poterne produrre in maggiori quantità con minori risorse.

Nacque così la “Moneta Fiat” cosiddetta (e non mi è chiaro se già allora o soltanto in seguito venne così definita, ma non mi sembra sia un fattore così importante) che oggi chiameremmo moneta di corso legale o “Moneta Legale”. Una moneta, cioè slegata dalla logica delle riserve auree che impone che uno stato, un governo (eletto o meno) possa “stampare*” moneta per un valore pari a quello della propria riserva aurea, cioè di oro conservato nelle cassaforti dello stato.


*(stampare ha sostituito l’uso del verbo coniare da quando in Cina la dinastia Yuan inventò nel secolo XIII o XIV la moneta di carta che oggi chiamiamo banconota)


Questa semplicissima operazione permise ad Augusto di romanizzare, appunto, l’intero impero ed a Roma di diventare la Caput Mundi di cui tutti abbiamo sentito parlare. Vennero costruite le famose strade (cursus publicum) che collegavano tutte le città dell’impero tra di loro ma soprattutto con Roma (e di ciò sono facilmente intuibili i vantaggi), vennero costruite case e templi ed acquedotti e arene sportive e circhi ed edifici governativi ovunque e senza alcun problema di reperimento delle risorse economiche, dato che bastava che l’amministrazione pubblica imprimesse l’effige d’Augusto su un numero di minuti dischetti d’un comune metallo nella quantità necessitata per l’edificazione d’una data opera pubblica. Lo stesso bastava fare per finanziare qualsiasi guerra si volesse. Dopotutto l’etimo stesso del sostantivo “soldato” ha radici comuni con il “soldo” (cioè la moneta) ed infatti proprio da questi deriva:


“In origine, chi era assoldato, chi cioè faceva per mercede il mestiere delle armi, nelle milizie mercenarie” (Enciclopedia Treccani).


Insomma parrebbe proprio che noi di questo tribolatissimo secolo ventunesimo avremmo bisogno d’un imperatore illuminato come lo fù il grande riformatore Augusto, che venisse a risolvere i nostri problemi. A meno che… mi sorge repentino e spontaneo il dubbio che non sia la mancanza d’un Augusto ma piuttosto la presenza di qualcuno più potente di lui con interessi diversi dai suoi a volerci traghettare verso lidi a noi ancora (forse per poco) sconosciuti ed inimmaginabili (almeno a me). Dubbio che inizia ad insinuarsi nel terreno delle ipotesi verosimili se, scorrendo i libri di storia, si fa caso a fatti che (come questo di cui sto esponendo) vengono appena accennati come fossero collaterali, o conseguenze, degli eventi bellici o rivoluzionari che hanno via via cambiato i connotati alla nostra società nel corso dei secoli fino a renderla quella che conosciamo oggi, avara di spazi per l’individualità, la spiritualità (questa non dovrei nemmeno menzionarla, ma… è un’abitudine, più che altro!), il rapporto tra l’uomo e la natura, i valori della famiglia, le differenze culturali e tutto il resto di ciò che ha colorato i nostri orizzonti fino al bruschissimo risveglio di non più (per noi “occidentali”) di un lustro fà.

Tutto questo, poi, può, addirittura entrare prepotentemente nel campo delle certezze se pensiamo a quanti personaggi altisonantissimi della storia recente (ma anche qualcuno del passato remoto) ci hanno lasciato la pelle per aver provato ad esser più giusti. Oppure semplicemente aver pensato, immaginato di imitare l’imperatore romano per liberare un popolo (più spesso il proprio ma a volte anche altri) dal giogo del signoraggio bancario di cui siamo vittime sempre più consapevoli. Penso a Lincoln, Kennedy, Aldo Moro, ma penso anche ad intere popolazioni che hanno fatto le spese del sistema bancario e della moneta troppo cara per i comuni mortali.

E non dovrei dimenticare l’esperienza del professore Auriti che, nel 2000, provò una via simile ma, in qualche modo, alternativa ed, in qualche altro, più coraggiosa, sfidando lo stato (a suo dire complice dell’usura delle banche) e, con l’aiuto dell’allora sindaco Mario Palmerio, condusse un esperimento nella sua cittadina natale di Guardiagrele emettendo il SIMEC, con lo scopo di provare le sue teorie sulla creazione di valore della moneta da parte della cittadinanza. L’obiettivo era ambiziosissimo, implicando una forma d’autogestione del denaro che escludeva il controllo da parte delle banche, ma finì con un vigoroso intervento della guardia di finanza.

Manfredi Beninati

Copyright 2013 © Archivio Flavio Beninati / Manfredi Beninati

Prego chiunque avesse informazioni più precise e dettagliate sulla moneta di Augusto, di voler condividerle in questa pagina.

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